Il punto sulla deforestazione nel mondo
Metaforicamente, ma neanche troppo, le foreste rappresentano per il genere umano il saturimetro in grado di misurare la quantità dell’ossigeno a disposizione dell’umanità e, di conseguenza, la durata del suo ciclo di vita. Insieme all’evidente valore sociale che le foreste hanno, c’è un valore ambientale ed un altro economico che quasi sempre finiscono per correre su binari diversi.
Le foreste oggi coprono il 43% del suolo europeo custodendo circa l’80% della biodiversità dell’intero pianeta. La loro capacità di assorbimento dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera fa di queste splendide creature naturali un player cruciale nella lotta ai cambiamenti climatici, al riscaldamento globale e al raggiungimento della neutralità carbonica. E’ quindi innegabile che serva un piano strategico, a livello globale, per promuovere la silvicoltura sostenibile.
La deforestazione è un tema sempre caldo negli ultimi decenni, ma purtroppo ancora mai impellente. Partiamo dai fatti più recenti per capire dove siamo rimasti nel rapporto di convivenza con i nostri grandi “polmoni verdi” e dove dovremo arrivare.
Esattamente un mese fa il Parlamento Europeo ha votato alcune relazioni per aumentare la pressione sulla Commissione Europea sui temi della protezione e gestione sostenibile delle foreste in Europa. L’obiettivo è cercare, per quanto possibile, di anticipare la presentazione della strategia forestale prevista per inizio 2021. Parallelamente, un altro organo sovranazionale come l’ONU cita così il suo obiettivo numero 15 nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado dei suoli e fermare la perdita di biodiversità.
Ma a che punto siamo con la deforestazione nel mondo?
A dircelo è il Global Forest Resources Assessment 2020, pubblicato nel maggio di questo anno per analizzare l’andamento del fenomeno. Si può dire con certezza, infatti, che la deforestazione procede inesorabilmente, sebbene il tasso di riduzione delle foreste sia diminuito sensibilmente negli ultimi venti anni. Il trend è ben tracciabile anche negli ultimi 5 anni (2015-2020): si può giustificare banalmente con la maggiore attenzione al tema oppure scientificamente, ricordando che per il 93% dei casi le foreste si rigenerano naturalmente e in maniera autonoma quando non subiscono l’intervento brutale dell’uomo.
Si stima infatti che siccità, incendi ed altri fenomeni causati dall’essere umano comportino una riduzione di un terzo della capacità delle foreste di assimilare il carbonio. E’ come se, lentamente e nel tempo, perdessimo progressivamente la nostra capacità respiratoria. Quanto potremmo perdurare?
A questi dati resta da aggiungere una considerazione geo-politica sul tema: l’Europa risulta, insieme ad Asia ed Oceania, tra i continenti con il maggior incremento di aree verdi. Segue il Nord America con un bilancio in pari, mentre Sud America e Africa lanciano urgenti campanelli di allarme. In quest’ultima, non appaiono favorevoli alcune variabili socio-demografiche ed economiche di recente introduzione come l’aumento spropositato della popolazione, la diffusione dell’agricoltura in micro-scala e l’utilizzo del legno come combustibile per il riscaldamento domestico.
Cosa possiamo fare? Istituzioni, stili di vita e consumi incidono
Nella sfida alla deforestazione, i primi grandi attori sono le istituzioni e le organizzazioni internazionali, impegnate attivamente nelle campagne di sensibilizzazione ai temi della Sostenibilità. Il mantenimento delle foreste, come abbiamo visto, è un anello fondamentale della circolarità della vita e della sua sostenibilità nel lungo periodo. L’Unione Europea sta operando per garantire maggiori controlli ai confini UE per intercettare il traffico di legname disboscato illegalmente. Gli eurodeputati chiedono inoltre che i satelliti UE siano usati per monitorare la deforestazione e gli incendi boschivi in stati terzi.
Ma questo impegno non può funzionare se non viene digerito come uno sforzo globale a cui tutto il mondo deve partecipare.
Ci siamo anche noi, piccoli ma grandi giocatori di questa partita. I consumi individuali possono indirizzare, se aggregati e condivisi in larga scala, grandi cambiamenti. L’enorme domanda di prodotti come caffè, soia, palme da olio impone alle popolazioni delle aree tropicali e subtropicali di fare spazio a pascoli e terreni agricoli. Dalla carne bovina, ad esempio, deriva anche il 70% dell’industria conciaria made in Italy.
E’ nostro dovere morale profondere il massimo sforzo, per quanto possibile, negli ambiti di gioco che più ci competono (ad esempio i nostri consumi).
Il futuro delle foreste sarà inevitabilmente anche quello dell’umanità.