Nasce oltreoceano come il giorno degli affari per diventare due, tre, quattro, cinque giornate fino alla (quasi) completa discrezione sulla durata. Nasce come giorno nero per i prezzi “incredibili” e finisce per diventare il giorno nero per l’ambiente. Il Black Friday e l’ombra nera sul pianeta.
Non c’è molto da festeggiare nei dati allarmanti divulgati con qualche settimmana di anticipo da alcuni esperti e ricercatori all’interno del Report Dirty Delivery. Dati che provano a far luce su uno dei periodi più inquinanti dell’anno. Ad inizio novembre, è stato stimato che nel Regno Unito l’evento suscitasse un aumento delle vendite pari al 14%, con emissioni di CO2 che avrebbero sorpassato le 429 mila tonnellate. Qualcosa come lo 0,12% delle emissioni annuali. Qualcosa come 435 voli andata e ritorno dall’Unione Europea a New York. Solo nel Regno Unito.
Se è vero che queste stime sono sicuramente perfettibili (e solo il tempo ci darà risultati più precisi) possiamo altrettanto dire che l’approssimazione risulta abbondantemente utile per alcune considerazioni generali.
Il Black Friday è un evento globale cresciuto sensibilmente anno dopo anno, dal lontano 1924 a cui si attribuisce la data storica del primo giorno nero negli Stati Uniti. Sono tantissime le ragioni di questa adesione unanime. Eccone alcune: la possibilità per le aziende di svuotare i magazzini, aumentare il volume delle vendite, l’opportunità per i compratori di trovare prezzi ragionevoli per beni che, qualche giorno prima, apparivano meno accessibili. Il tutto ben condito dalla vicinanza alle festività natalizie e quindi:
- opportunità di pensare preventivamente ai regali da porre sotto l’albero
- ottima leva di marketing per le aziende per assicurarsi l’incremento delle vendite sia con la fine di novembre sia con le ultime settimane di attesa spasmodica delle festività.
Il Black Friday è diventato oggi il giorno dell’acquisto compulsivo. Le grandi teorie del neuromarketing sorridono quando si sentono confermare che la stragrande maggioranza degli acquisti avviene in forma irrazionale, emotiva, quasi non controllata.
Gli esperti impegnati nella ricerca pubblicata su Money.co.uk ci hanno fatto sapere che, mediamente, un consumatore su tre opta per la consegna più veloce (il giorno dopo). Il 35% delle persone incide quindi sull’aumento delle emissioni scegliendo l’opzione più comoda e veloce. Per l’ambiente, però, più veloce vuol dire anche più nocivo. Un aereo dalla Cina con 171 tonnellate di merce produce 500 g t/km di CO2. Una nave che trasporta 193 mila tonnellate di merce ha emissioni di circa 30g t/km. Una differenza sostanziale, non solo nel tempo.
Ma non c’è soltanto il nodo consegne. Il desiderio materiale delle persone sembra mettere da parte, almeno per un attimo, le necessità ambientali. Solo un acquirente su dieci (11,7%) nel Regno Unito tiene a mente l’eventuale esigenza di ridurre le emissioni di anidride carbonica all’interno delle proprie intenzioni di acquisto on line. Uno su cinque (20%) si rifiuta di pagare un extra per compensare la generazione anidride carbonica con il proprio acquisto, contro un 17% che pagherebbe fino a 2 sterline per farlo. Infine, un ulteriore 42% ha ammesso di non sentirsi in colpa per l’ambiente quando acquista articoli online.
La fascia di età più attenta e propensa ad uno shopping ecosostenibile oscilla tra i 16 e i 24 anni: rispetto alla fascia 55+, c’è il doppio della probabilità (16%) di optare per una consegna a bassa emissione di CO2.
La vera domanda è: come possiamo migliorare?
Di seguito riportiamo alcune azioni che, se colte e seguite individualmente, possono portare a grandi cambiamenti. Per le marche l’utilizzo di imballi riciclabili con una limitazione allo stretto necessario potrebbe essere un elemento vantaggioso. Sull’opzione di consegna per i consumatori una limitazione di quella express – come già detto – sarebbe benvenuta. Cercare di trattenere il lato emotivo e impulsivo degli acquisti non è dote di tutti, lo sappiamo, ma qualche volta anche una sola passeggiata (dove ammesso da disposizioni governative del momento) può aiutarci a riordinare le idee.
Possono sbocciare alcune domande del tipo: “Ma davvero l’ultimo modello è quello di cui ho bisogno?”; “Posso riparare quel che già ho?”
E se invece navigo online: “Posso comprarlo nel mio Paese?”; “Posso accorpare gli acquisti con un’unica spedizione?”; “Ho già pensato ad un piano di acquisti veramente utili?”
Il Black Friday e l’ombra nera sul pianeta, quindi ben venga l’avvento del Green Friday (ammesso che non sia l’ennesima “trovata” commerciale”). Ma soprattutto, ben vengano le domande e una sempre maggiore sensibilità.