Ciao, sono David, il fondatore di dotzero.
La mia storia inizia a Scopeti, un piccolo paese in provincia di Firenze.
Fin da bambino sono cresciuto in mezzo alle scarpe, all’epoca non erano sneakers, bensì quelle eleganti da donna.
La mia famiglia produceva per grandi brand, come terzisti, ma la storia inizia molto prima, con i miei nonni.
Un giorno mia nonna decide di produrre ciabatte(nel dopoguerra) e venderle poi nei mercati di paese.
Nel tempo l’attività comincia a ingranare e 2 sole persone non bastavano più, fino a che si arrivò a costruire una fabbrica, per ingrandirsi sempre di più.
Ma torniamo a noi,
Fino ai 13 anni sono sempre stato a trovarli, mi ci sono sempre perso, dietro tutte quelle scarpe, chissà dove andranno, pensavo. Ma la cosa che mi ha sempre fatto incazzare era tutta quella pelle che non veniva usata e buttata continuamente.
Dai 14 ho cominciato ad aiutare durante la pausa estiva della scuola dove mio nonno mi insegnava i procedimenti, perché ormai in pensione. quindi ci mettevamo lì, mi spiegava ed io mettevo in pratica.
Non so che darei per fargli vedere dove sono arrivato oggi…
Arrivato sui 18, mi stanco, come mi accade spesso, della routine. Comincio quindi a studiare informatica e mi allontano del tutto dalle scarpe.
Torniamo, quasi, ai nostri giorni.
Durante la prima pandemia, ho riflettuto tanto sul significato di quello che stavo facendo e sul senso che aveva il mio lavoro dell’epoca, il web designer.
Niente, vuoto, solo vuoto. Certo mi piace il codice e soprattutto di come questo riesca a far apparire cose sul computer, ma stavo aiutando il mondo in qualsiasi modo?
No.
Solo codice e cose che si muovono sullo schermo, se guardavo il futuro che mi aspettava non era assolutamente quello che volevo.
Riparto dalle mie basi, da quello che mi appassiona di più.
Le scarpe.
La prima cosa che ho pensato era,
Tutti fanno scarpe, tutti le comprano, ma…
Dove cazzo le butto? Cerco quindi ovunque, siti, social.
ZERO.
Niente che dicesse come buttarle, solo messaggi del tipo:
COMPRA ORA! COMPRA SUBITO!
ma niente che parlasse di come smaltire l’indumento più difficile da smaltire. C’era qualcuno che iniziava a produrre con materiali più responsabili, ma il problema finale è sempre quello, per quanto sia più responsabile, alla fine.
Sempre nello stesso cestino indifferenziato finivano!
Eccoci quindi al nostro WHY, trovato il perché, avevo tutte le motivazioni che mi servivano per iniziare con il progetto.
Eccoci qui, oggi che sembra quasi storia.
Ma la storia è ancora,
tutta da scrivere
Grazie per aver letto.
Alle pagine bianche e a chi ha il coraggio di partire da zero.
David